18 gennaio 2002: ricorre il decimo anniversario dell'incidente che ha sospinto Eluana Englaro nel baratro dello stato vegetativo permanente. Eluana, oggi trentenne, giace da dieci anni in una clinica di Lecco, alimentata con un sondino nasogastrico. Immobile, gli arti irrigiditi e deformati. E senza speranza di riprendere coscienza. Si trova così dal 18 gennaio del 1992, quando verso le quattro del mattino la sua auto si è schiantata contro un muro nei pressi di Lecco.
Nel dicembre 1999 la Corte d'appello di Milano ha respinto la richiesta del padre-tutore, Beppino, di sospendere la alimentazione artificiale che la tiene in vita. Si badi bene: non si trattava di una richiesta di eutanasia, come spesso equivoca la stampa, bensì una richiesta di rifiuto delle cure, che secondo i ricorrenti configurano un quadro di accanimento terapeutico.
La sentenza di Milano ha rappresentato una sconfitta pesantissima per chi da un decennio sopporta la situazione crudele e paradossale di avere una figlia ridotta a un corpo senza coscienza, condannato a vivere solo perché il destino ha voluto risparmiarle la zona cerebrale deputata alla respirazione. Di fatto Eluana non può essere definita "morta" secondo la legge attuale perché, anziché l'intero encefalo, l'incidente le ha lesionato "solo" la corteccia, cioè la parte dove vengono elaborati pensieri, consapevolezza, sentimenti, relazioni. Ma cosa resta se tutto questo si spegne? Una pianta, un lutto impossibile da elaborare, una figlia ridotta a zombie da una medicina interventista, che adesso si rifiuta di risolvere il problema che essa stessa ha contribuito a creare...
Nel dicembre 1999 la Corte d'appello di Milano ha respinto la richiesta del padre-tutore, Beppino, di sospendere la alimentazione artificiale che la tiene in vita. Si badi bene: non si trattava di una richiesta di eutanasia, come spesso equivoca la stampa, bensì una richiesta di rifiuto delle cure, che secondo i ricorrenti configurano un quadro di accanimento terapeutico.
La sentenza di Milano ha rappresentato una sconfitta pesantissima per chi da un decennio sopporta la situazione crudele e paradossale di avere una figlia ridotta a un corpo senza coscienza, condannato a vivere solo perché il destino ha voluto risparmiarle la zona cerebrale deputata alla respirazione. Di fatto Eluana non può essere definita "morta" secondo la legge attuale perché, anziché l'intero encefalo, l'incidente le ha lesionato "solo" la corteccia, cioè la parte dove vengono elaborati pensieri, consapevolezza, sentimenti, relazioni. Ma cosa resta se tutto questo si spegne? Una pianta, un lutto impossibile da elaborare, una figlia ridotta a zombie da una medicina interventista, che adesso si rifiuta di risolvere il problema che essa stessa ha contribuito a creare...